Seguace di Giovan Pietro Rizzoli, Madonna con Bambino

in vendita
- Epoca : 16° secolo - 1500
- Stile : Altri stili
- Lunghezza : 50cm
- Altezza : 75cm
- Materiale : Olio su tavola
- antiquario
Ars Antiqua srl - Telefono: +39 02 29529057
- Cellulare: 393664680856
- Milano,Italy
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Descrizione Dettagliata
Seguace di Giovan Pietro Rizzoli, detto il “Giampietrino” (notizie dal 1508 al 1549)
Madonna con Bambino e San Giovannino
Olio su tavola, cm 74 x 50 - con cornice cm 84 x 67
La tavola, opera di un artista attivo nella metà del XVI secolo in area lombarda, è riconducibile al modello del noto pittore leonardesco Giovanni Pietro Rizzoli detto Giampietrino, attivo tra il 1508 ed il 1549 a Milano, allievo di Leonardo Da Vinci ed esponente della scuola lombarda. Gli studiosi sono concordi nell'attribuire a Giovanni Pietro Rizzoli il corpus di opere da tempo raccolte sotto il nome generico di Giampietrino grazie ad un profilo documentato dal 1508 al 1549, periodo durante il quale è attestato l'inizio della sua produzione nella preparazione di alcuni "cartoni di arazzi per il Duomo di Milano" oggi perduti; questo ha consentito di escludere definitivamente l'attribuzione delle opere di Giampietrino a Giovanni Belmonte oppure a Giovanni Pedrini, a cui alternativamente erano state in precedenza assegnate. Influenzato dalla pittura di Leonardo da Vinci presente a Milano durante gli ultimi due decenni del Quattrocento e tornato tra il 1507 e il 1513, ne riverbera delicatamente l'atmosfera sfumata unendo spunti riferibili al tratto mantegnesco di prima maniera. Se un “Gioanpietro” viene in effetti ricordato dallo stesso Leonardo in un foglio del Codice Atlantico, insieme con altri allievi, e fatto risalire all’ultimo lustro del secolo, è certo come il Rizzoli abbia comunque ampiamente goduto degli insegnamenti del maestro toscano. Negli ultimi decenni l'orizzonte di Giovanni si accosterà sempre più alle emergenti istanze manieristiche e in soggetti mitologici dal tratto languido e sensuale. Appare ardua la seriazione cronologica della produzione ‘da cavalletto’ di Giampietrino, priva di date e firme, e caratterizzata da un lessico limitato di cui l’artista varia costantemente la combinazione lungo un ampio arco temporale. Dietro un corpus voluminoso si nascondono due nuovi fenomeni: la specializzazione dell’artista nei quadri di destinazione privata, sui quali costruì la sua fortunata carriera – di soggetto sacro e profano e l’impiego di una bottega per incrementarne la produzione, soddisfacendo così la crescente domanda del mercato. Buona parte di queste opere, siglate da un inconfondibile carattere leonardesco, seguendo le rotte del collezionismo internazionale sedotto da Leonardo e dai leonardeschi soprattutto nel secolo XIX, sono confluite dalla Lombardia nelle collezioni pubbliche e private di tutta Europa e degli Stati Uniti.
L’opera in esame riprende il modello originale riprodotto in Fototeca Zeri ed ora di ubicazione sconosciuta o quello in collezione privata statunitense, di simili dimensioni. Il dipinto in esame mostra chiare suggestioni vinciane, forse derivate dalla conoscenza diretta dei disegni di Leonardo da parte del Giampietrino, soprattutto in relazione alla posizione e alla gestualità delle mani che ravvisano l'aderenza alle opere milanesi di Leonardo.
Osservando l'opera, si individuano diversi spunti ricavati dalla grafica leonardesca, apprezzabile in alcuni dettagli come i ricci dorati del San Giovannino, lumeggiati con sottili tratti di pennello, così come nelle zone in ombra del corpo del piccolo Gesù. Lo stile inconfondibile di Giampietrino si evince altresì dalla dolcezza elegante delle figure femminili di chiara matrice vinciana, dalla coerente forma piramidale e dalla tavolozza dominata dalle tinte decise delle vesti di Maria. Si rilevano analogie ravvisabili nella tavola conservata al Philadelphia Museum of Art (John G. Johnson Collection), nella tavola conservata al museo Amedeo Lia - La Spezia – o nella tavola battuta da Christie’s, tutte di medesimo soggetto.
Moltissimo altro si potrebbe dire sul Giovanni Battista in esame, il cui modellato sottile rende possibili delicatissimi passaggi di ombre e luci. Leonardo definiva gli occhi “la finestra dell’anima” e se dobbiamo pensare al Maestro, come opera di sua derivazione, senz’altro qui raggiungono quella profondità: gli occhi, pensierosi e carichi di pathos, sono rivolti verso un ipotetico osservatore posto al di fuori dello spazio della tela. L’espressione enigmatica induce immediata evocazione dei Leonardeschi. La bocca è resa attraverso impercettibili sfumature, utilizzando le stesse cromie dei toni più accesi dell’incarnato, espediente questo, adottato da Leonardo e dal suo ambito.
Madonna con Bambino e San Giovannino
Olio su tavola, cm 74 x 50 - con cornice cm 84 x 67
La tavola, opera di un artista attivo nella metà del XVI secolo in area lombarda, è riconducibile al modello del noto pittore leonardesco Giovanni Pietro Rizzoli detto Giampietrino, attivo tra il 1508 ed il 1549 a Milano, allievo di Leonardo Da Vinci ed esponente della scuola lombarda. Gli studiosi sono concordi nell'attribuire a Giovanni Pietro Rizzoli il corpus di opere da tempo raccolte sotto il nome generico di Giampietrino grazie ad un profilo documentato dal 1508 al 1549, periodo durante il quale è attestato l'inizio della sua produzione nella preparazione di alcuni "cartoni di arazzi per il Duomo di Milano" oggi perduti; questo ha consentito di escludere definitivamente l'attribuzione delle opere di Giampietrino a Giovanni Belmonte oppure a Giovanni Pedrini, a cui alternativamente erano state in precedenza assegnate. Influenzato dalla pittura di Leonardo da Vinci presente a Milano durante gli ultimi due decenni del Quattrocento e tornato tra il 1507 e il 1513, ne riverbera delicatamente l'atmosfera sfumata unendo spunti riferibili al tratto mantegnesco di prima maniera. Se un “Gioanpietro” viene in effetti ricordato dallo stesso Leonardo in un foglio del Codice Atlantico, insieme con altri allievi, e fatto risalire all’ultimo lustro del secolo, è certo come il Rizzoli abbia comunque ampiamente goduto degli insegnamenti del maestro toscano. Negli ultimi decenni l'orizzonte di Giovanni si accosterà sempre più alle emergenti istanze manieristiche e in soggetti mitologici dal tratto languido e sensuale. Appare ardua la seriazione cronologica della produzione ‘da cavalletto’ di Giampietrino, priva di date e firme, e caratterizzata da un lessico limitato di cui l’artista varia costantemente la combinazione lungo un ampio arco temporale. Dietro un corpus voluminoso si nascondono due nuovi fenomeni: la specializzazione dell’artista nei quadri di destinazione privata, sui quali costruì la sua fortunata carriera – di soggetto sacro e profano e l’impiego di una bottega per incrementarne la produzione, soddisfacendo così la crescente domanda del mercato. Buona parte di queste opere, siglate da un inconfondibile carattere leonardesco, seguendo le rotte del collezionismo internazionale sedotto da Leonardo e dai leonardeschi soprattutto nel secolo XIX, sono confluite dalla Lombardia nelle collezioni pubbliche e private di tutta Europa e degli Stati Uniti.
L’opera in esame riprende il modello originale riprodotto in Fototeca Zeri ed ora di ubicazione sconosciuta o quello in collezione privata statunitense, di simili dimensioni. Il dipinto in esame mostra chiare suggestioni vinciane, forse derivate dalla conoscenza diretta dei disegni di Leonardo da parte del Giampietrino, soprattutto in relazione alla posizione e alla gestualità delle mani che ravvisano l'aderenza alle opere milanesi di Leonardo.
Osservando l'opera, si individuano diversi spunti ricavati dalla grafica leonardesca, apprezzabile in alcuni dettagli come i ricci dorati del San Giovannino, lumeggiati con sottili tratti di pennello, così come nelle zone in ombra del corpo del piccolo Gesù. Lo stile inconfondibile di Giampietrino si evince altresì dalla dolcezza elegante delle figure femminili di chiara matrice vinciana, dalla coerente forma piramidale e dalla tavolozza dominata dalle tinte decise delle vesti di Maria. Si rilevano analogie ravvisabili nella tavola conservata al Philadelphia Museum of Art (John G. Johnson Collection), nella tavola conservata al museo Amedeo Lia - La Spezia – o nella tavola battuta da Christie’s, tutte di medesimo soggetto.
Moltissimo altro si potrebbe dire sul Giovanni Battista in esame, il cui modellato sottile rende possibili delicatissimi passaggi di ombre e luci. Leonardo definiva gli occhi “la finestra dell’anima” e se dobbiamo pensare al Maestro, come opera di sua derivazione, senz’altro qui raggiungono quella profondità: gli occhi, pensierosi e carichi di pathos, sono rivolti verso un ipotetico osservatore posto al di fuori dello spazio della tela. L’espressione enigmatica induce immediata evocazione dei Leonardeschi. La bocca è resa attraverso impercettibili sfumature, utilizzando le stesse cromie dei toni più accesi dell’incarnato, espediente questo, adottato da Leonardo e dal suo ambito.
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